Uno sguardo nel tempo e nella storia dell’abito da sposa
Premessa
Qualche anno l’archivista e paleografo Gilberto Zacché, grande frequentatore dell’isola d’Elba, mi fermò davanti al Teatro dei Vigilanti-Renato Cioni di Portoferraio al termine di uno spettacolo musicale al quale entrambi avevamo assistito, chiedendomi se ero disposta a scrivere un articolo che raccontasse la nascita dell’abito bianco da sposa. La proposta mi rese molto orgogliosa, ma allo stesso tempo preoccupata per tanta responsabilità. Ad ogni modo accettai. A distanza di qualche mese è stato pubblicato il libro Lo stile su misura. La sartoria Piccinini: creatività e maestria nella città del Premio (Suzzara). La proposta è stata molto stimolante, ma la ricerca è stata difficile perché trovandomi all’isola d’Elba, non ho avuto la possibilità di consultare biblioteche che potessero fornirmi gli strumenti per il reperimento di fonti. La mia ricerca si è basata su internet e sullo studio della rappresentazione di matrimoni nell’arte figurativa che in parte mi ha fornito testimonianze importanti sugli usi e costumi delle nozze nella storia.
La storia dell’abito da sposa nell’arte figurativa
L’arte figurativa testimonia la storia dell’abito nuziale attraverso dipinti, disegni e bozzetti, che sono stati capaci di immortalare stili di vita e modelli che ci hanno ricondotto ad un’epoca, raccontato la storia di una civiltà con i suoi usi e costumi, contaminando e influenzando la moda di altri paesi. Ci sono pervenute numerose testimonianze tra le quali quella del pittore fiammingo Jan Van Eyck che, in una delle sue opere più famose, I coniugi Arnolfini, del 1434, dipinge il matrimonio di un mercante di Lucca con la sua sposa, i cui sontuosi abiti attestano la prosperità economica della famiglia e la consuetudine del tempo di utilizzare stoffe dalle tinte accese. L’abito della sposa, molto curato nei dettagli, consiste in una veste blu sopra alla quale viene posta una sontuosa sopravveste verde, rifinita di pelliccia, dalle cui maniche pendono lunghe strisce di tessuto. Un’altra testimonianza iconografica ci arriva dall’arte fiorentina con il dipinto Nozze di Boccaccio Adimari, del 1470, dove l’abito della sposa è nero ed impreziosito da intarsi d’oro. Fonti: www.strangeart.it dove il critico d’arte Michelangelo Moggia fa un’analisi del dipinto di Jan Van Eyck e J. LAVER, Moda e costume. Breve storia dall’antichità ad oggi, Milano, Rizzoli-Skira 2003, pp. 66-67 (I coniugi Arnolfini) e pp.70-71 (Nozze di Boccaccio Adimari).
La nascita del bianco nuziale: “moda regale”
La tradizione dell’abito bianco è un fenomeno di costume piuttosto recente legato soltanto a questioni di moda ed emulazione. Ad eccezione dell’antica Roma i cui usi prevedevano che l’abito della sposa fosse una tunica bianca lunga fino ai piedi, nella storia del costume che precede il 1840 troviamo pochi esempi di spose vestite in bianco. Certo è che fin dai tempi antichi l’abito da sposa è un elemento distintivo di appartenenza sociale che rappresenta il potere ed il prestigio di una famiglia. Per questa ragione le nozze diventano un’occasione per affermare ed esibire il proprio status e la propria ricchezza, e gli sposi devono indossare abiti sontuosi realizzati con tessuti molto pregiati e colorati (1). La principessa Filippa d’Inghilterra, figlia di Enrico IV, in occasione del proprio matrimonio con Erik di Danimarca, nel 1406, è la prima testa coronata della storia ad indossare una tunica e un mantello di seta bianca, bordato di pelliccia di vaio e d’ermellino. Un secolo e mezzo più tardi, nel 1558, è la volta di Maria Stuart, regina di Scozia, che sceglie per le nozze con Francesco II di Francia, un abito candido, andando controcorrente e contro ogni buon auspicio, considerato che in Francia il bianco è il colore del lutto. Prima che la cultura occidentale “imponga” la tradizione dell’abito bianco, perlomeno per le prime nozze, si deve attendere il 10 febbraio del 1840 quando viene celebrato il matrimonio tra la regina Vittoria e Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha. La giovane sposa fa il suo ingresso nella Cappella Reale di St. James’s Palace in abito bianco, realizzato con molti metri di satin, e con in testa un velo di pizzo Honiton che viene utilizzato anche per ornare lo scollo e le maniche del vestito. La fotografia che ritrae gli sposi fa il giro del mondo. Da quel momento, il bianco diventa un colore status symbol e una vera e propria tradizione nuziale occidentale. Viene inoltre associato, convenzionalmente, alla moralità della sposa che deve mantenere la propria verginità e purezza fino al giorno del matrimonio, conditio sine qua non per poterlo indossare. Le signore delle classi abbienti imitano la Regina e di lì a poco si fanno confezionare abiti da sposa color avorio o bianchi. La regina Vittoria lancia, con grande sorpresa di tutti, la moda dell’abito nuziale bianco che però, ancora per diversi decenni, resta privilegio di pochi: per le teste coronate e per le classi più ricche della società. Per la classe media invece, durante tutto l’Ottocento, ma anche per buona parte del Novecento, continua la prassi abituale di scegliere abiti realizzati con colori come il blu, il rosa, il verde, il marrone e spesso, anche il nero. Il motivo è di natura squisitamente pratica ed economica: l’abito può essere riutilizzato in altre occasioni importanti e inoltre, in quanto scuro, “tiene lo sporco” e non si rovina facilmente, dettagli non trascurabili per l’epoca, considerati gli alti costi della tintoria, sostenibili soltanto dalle famiglie più ricche.
Un abito da sposa per ogni epoca
La moda dell’Ottocento è ricca di cambiamenti determinati dagli avvenimenti sociali, culturali e politici dell’epoca. Dai tessuti leggeri dello Stile Impero si passa alla ricchezza ed alle ampiezze delle fogge del romanticismo, fino ad arrivare alla sinuosità della tipica forma ad “S”, simbolo della moda femminile di fine secolo. Per tutto l’Ottocento e i primi anni del Novecento l’abito da sposa non vive di luce propria in quanto segue le mode e le tendenze dell’abito da sera. L’abito Stile Impero, realizzato con tessuti come il cotone e la mussola, è lungo fino alle caviglie; stretto sotto il seno da una cintura o da una sciarpa, scende a terra con una linea morbida e drappeggiata, mettendo in evidenza la sinuosità del corpo. Le scollature sono ampie e quadrate, le braccia nude, le spalle racchiuse in una corta manica a palloncino. Icona di questo stile è Josephine de Beauharnais, prima moglie di Napoleone. L’abito da sposa, di mussolina bianca impreziosita da ricami e piccole decorazioni, viene indossato anche in altre occasioni. Gli anni Cinquanta del XIX secolo, a differenza del decennio precedente, sono caratterizzati dal benessere economico che inevitabilmente determina un cambiamento nel costume. Tramontato lo Stile Impero, le cinture, da sotto il seno, si portano al punto vita da cui partono ampie gonne sostenute da crinoline arricchite da pizzi. Balze, ruches e plissé ornano gli abiti delle signore del tempo. Nel periodo della “Belle Époque”, che va dai primi anni del XX secolo fino all’inizio della prima guerra mondiale, come sempre la moda riflette lo spirito dei tempi. Questo periodo storico è caratterizzato da feste, balli sfarzosi, pranzi di gala, soggiorni nelle residenze aristocratiche fuori dalle città. Paul Poiret è lo stilista del momento. Per la donna vengono creati abiti che ne evidenziano la femminilità. Abbandonate le ampiezze e le cri- noline di fine Ottocento, il modo di vestire e gli ornamenti si semplificano. Nasce la tipica postura a “S”: seno in avanti e bacino in fuori. La gonna si allunga a strascico; dalla scollatura e dall’attillatissimo busto ricadono cascate di merletti. C’è inoltre una vera e propria passione per i pizzi che guarniscono tutti i punti dell’abito. Come scrive James Laver «Per le dame che non potevano permettersi il pizzo autentico ad ago, c’era la possibilità, diffusissima, di quello lavorato all’uncinetto a punto irlandese»(2). Di giorno i colori sono tenui, di sera trionfa il nero. Per confezionare un abito da sposa sono necessari almeno dieci metri di stoffa. Tessuti e forme sono ancora gli stessi dell’abito da sera. L’abito nuziale continua a rappresentare la condizione sociale della sposa: maggiore è la metratura della stoffa e la particolarità dei materiali, più è ricca la famiglia di provenienza. L’abito da sposa, mano a mano, comincia a vivere di vita propria, assumendo una sua identità stilistica legata all’unicità delle nozze. Vengono disegnati i primi figurini che illustrano la “moda sposa”. Il bianco continua a prendere piede e a diventare – ma ancora solo per i ricchi – il colore per eccellenza dell’abito nuziale. Con la fine della prima guerra mondiale, dal 1920 ai primi anni Trenta, il mondo della moda femminile è attraversato da una vera e propria rivoluzione. La moda è più accessibile economicamente e più democratica e i suoi maggiori interpreti continuano ad essere francesi(3). Le linee si semplificano e si ammorbidiscono: il busto steccato, le imbottiture, i fronzoli e i drappeggi vengono eliminati. La silhouette si verticalizza, il petto si appiattisce, la vita si abbassa sui fianchi, gli orli si riducono vistosamente, lasciando svettare le gambe su deliziose scarpe con il cinturino, un’intramontabile “invenzione” di Mary Jane(4).